L’INTERVISTA-TULLIO E GIANMARIA MARCHESI, DUE FRATELLI DUE BANDIERE
Non capita spesso che due fratelli, con due anni di differenza tra di loro, diventino bandiere della stessa squadra, condividendo moltissime battaglie insieme, sapendo di poter contare sempre l’uno sull’altro. Stiamo parlando di Tullio e Gianmaria Marchesi, giocatori dello Scanzo (anche se la maglia blu potrebbe ingannare…) tra gli anni Settanta e Ottanta, che inaugureranno per noi l’intervista doppia. Per correttezza informiamo i nostri lettori che quando vedranno la lettera E prima della risposta significa “entrambi”, mentre alcune domande avranno una doppia risposta, indicata con l’iniziale di chi l’ha data.
Buongiorno a entrambi. Questa sarà la prima intervista doppia del nostro sito; com’è giocare insieme ad un parente così stretto come un fratello?
E: giocare con un parente così stretto come un fratello, per di più con soli due anni di differenza tra noi, permette di poter avere sempre una persona fidata che ti copra le spalle in campo; per noi è stata una cosa pressoché naturale, dal momento che abbiamo iniziato insieme a giocare a calcio nello Scanzo e quindi non avemmo mai problemi particolari tra di noi.
Che ambiente trovaste al Vostro arrivo a Scanzo? Com’era la società di allora?
T: Ricordo che Presidente e Segretario, ovvero Cucchi Gianmarco e Roberto Pezzotta, erano alla guida della società e il fatto che, seppur con mansioni diverse, facciano ancora parte della sportiva dimostra quanto lo Scanzo sia una vera Famiglia
G: Concordo, infatti, se dovessi descrivere l’ambiente di allora, direi che era un ambiente familiare, molto alla buona, dove tutti tenevano i piedi per terra, dal momento che il gruppo era formato da amici del Paese che si erano semplicemente trasferiti dal campo dell’oratorio a quello dello Scanzo.
Che ruolo facevate? Quali sono le caratteristiche che doveva avere un giocatore, allora, per ricoprirlo?
T: ricoprivo il ruolo di mezzala; siccome si utilizzavano i numeri fissi, che testimoniavano già dall’inizio quale ruolo avremmo occupato durante la partita, io indossavo il 10. Il 10 era il vero cervello della squadra ed equivaleva, molto spesso, al giocatore più qualitativo del gruppo. Il mio compito era quello di imbeccare le punte, permettendo loro di segnare, o di buttarmi in avanti io stesso, tanto che feci anche parecchie reti; inoltre io tiravo anche i calci da fermo, che sicuramente aiutavano ad arricchire il mio tabellino a fine stagione.
G: il mio ruolo era quello di libero o difensore centrale; all’epoca questo ruolo veniva definito marcatore o stopper, perchè, nelle marcature a uomo, l’uomo più pericoloso spettava a me. Perciò bisognava essere molto concentrati per tutti i 90 minuti per limitare la bravura dell’avversario.
Ci raccontate il calcio dilettantistico degli anni Ottanta? Quali differenze vi sono con quello odierno?
E: Rispetto ad oggi c’era molto meno spazio per invenzioni tattiche, tanto che quasi tutti giocavano con lo stesso modulo; il gioco era improntato su marcature asfissianti, battaglie in mezzo al campo e ali veloci per creare superiorità e pericoli. Ovviamente bisognava avere anche un bomber che finalizzasse le occasioni create dai compagni.
In quegli anni lo Scanzo giocò stabilmente in Seconda Categoria, con Angelo Richini come allenatore. Che tipo di persona era? Qual era il suo modo prediletto di schierarvi in campo?
T: io iniziai due anni prima di mio fratello, con il brianzolo Caspani, da poco trasferitosi a Scanzo, come allenatore; era un allenatore con idee che, per il periodo, erano innovative. Furono proprio quelle idee che ci permisero di crescere e di arrivare, con i fratelli Richini, ad avere buoni risultati sul campo.
G: per quanto mi riguarda mister Richini è paragonabile ad Arrigo Sacchi, sia per il modo di giocare che per l’epoca era rivoluzionario, sia per la metodicità che metteva in allenamento e nella preparazione delle partite.
Durante quel decennio più volte, a detta di addetti ai lavori e tifosi, lo Scanzo avrebbe potuto puntare alla Prima Categoria, che non arrivò. Cosa vi mancò per raggiungere l’obiettivo?
E: mancò la fortuna. Ricordiamo ancora bene, purtroppo, quando in un campionato da imbattuti, l’unica partita che perdemmo fu quella a due giornate dalla fine contro il Sovere che alla fine vinse il campionato.
Cosa Vi ha lasciato lo Scanzo e cosa vorreste aver lasciato Voi nei cuori dei tifosi giallorossi che Vi hanno visto giocare?
T: per qualche stagione sono stato il capitano della squadra, ma più che per questo ero famoso tra i tifosi per essere il classico giocatore d’estro e fantasia; spero di aver lasciato buoni ricordi con le mie prestazioni, anche se penso che i tifosi si aspettassero sempre qualche giocata illuminante da me più che una corsa a perdifiato per recuperare un pallone.
G: ogni tanto capita ancora che qualche nostro cliente (gestiamo un minimarket a Rosciate) che all’epoca assisteva alle nostre partite si fermi a chiacchierare in negozio ricordando le partite passate. Ecco, ritengo che questo significhi che abbiamo lasciato, come gruppo e come singoli, dei buoni ricordi nella gente; come detto in precedenza, una volta incontravamo i tifosi tutti i giorni in paese, perchè la squadra era formata da ragazzi nati qui, mentre ora un tifoso farebbe fatica a sapere dove abiti un giocatore dello Scanzo.
Visto dall’esterno, quali pensate siano i segreti dei grandi risultati ottenuti negli ultimi 30 anni dallo Scanzo?
E: ammettiamo di non essere più così assidui al campo per vedere lo Scanzo, perciò immaginiamo che il segreto risieda nel fatto che, nonostante i vari successi ottenuti, la società venga gestita ancora come una grande famiglia, di cui Flavio ne rappresenta tutti i valori che la contraddistinguono.
Dopo la parentesi in giallorosso, come avete continuato la Vostra “carriera” nel mondo del calcio?
T: ai tempi non c’erano molti cambi di squadra come ora, perciò iniziai e finii la carriera a Scanzo e ne fui molto orgoglioso.
G: anche io, come mio fratello, smisi dove avevo iniziato cioè a Scanzo. Poi mi sono dedicato al tennis, perchè fare sport è sempre divertente, oltre che importante.
Quali erano i Vostri idoli da bambini? Quali sono invece i giocatori che Vi piace veder giocare del calcio di oggi?
E: saremo scontati ma i giocatori che ci piace vedere oggi sono quelli riconosciuti da molti i più forti al mondo, perciò nella lista entrerebbero i vari Messi, Cristiano Ronaldo, ecc. Anche se si è ritirato da poco, merita una menzione anche Pirlo, uno dei più forti giocatori italiani degli ultimi anni.
Ci raccontate qualche aneddoto, positivo o negativo, accaduto con la maglia giallorossa?
T: più che un aneddoto, ricordo una curiosità anagrafica; per un periodo nella formazione titolare della squadra avevamo ben 4 giocatori che portavano lo stesso cognome! Essi erano il portiere, mio fratello, io e il centravanti: insomma la spina dorsale della squadra formata tutta da Marchesi ahahah
G: ora che ci penso mi viene in mente una partita, proprio al “Comunale” di Scanzo, contro il San Paolo d’Argon; c’era una pioggia torrenziale e quindi il campo era, nella sua parte centrale, un’unica, lunghissima pozzanghera. La partita ovviamente si giocò lo stesso, ma i 20 giocatori di movimento si concentrarono sulle fasce, dove l’acqua era minore, duellando per tutta la partita in quelle zone di campo. I portieri, ovviamente, cercavano di rinviare il pallone in fascia…Capirete bene che non c’era molto spazio per imbastire una manovra degna di esser chiamata tale!!
Concludiamo con una Vostra “formazione dei sogni”. Ci elencate 11 giocatori ciascuno che vorreste sempre al Vostro fianco durante una partita?
E: Quello dello Scanzo era un gruppo di amici veri, tutti del Paese, perciò eravamo sempre in campo con persone di cui ci fidavamo, tra cui citiamo Bruno Capella, Angelo Giovanelli e il mitico Claudio Viviani, soprannominato “Professore”.
Ringraziamo Tullio e Gianmaria (rispettivamente a sx e a dx nella foto di copertina) per essersi prestati alla nostra intervista; siamo consapevoli che per un giocatore diventare una bandiera della propria società sia difficile, perciò vi renderete conto di come se la cosa accade a due fratelli sia un caso più unico che raro. Ma entrambi hanno saputo incarnare i valori dello Scanzo per tutta la loro carriera e sicuramente i tifosi un po’ più adulti li ricorderanno con piacere…per i più giovani una possibilità di conoscere giocatori a loro sconosciuti. FORZA SCANZO!!